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Diario di viaggio 2022

13 gennaio

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Enjoy Guadalupa 13 gennaio 2022
Municipio Le Moule

Municipio di Le Moule

Mulino Damoiseau - Le Moule

Vecchio Mulino Damoiseau

Port d'Enfer - Anse Bertrand

Port d'Enfer

13 gennaio 2022

Tra storia e scenari mozzafiato

 

Anche stamani sveglia di buon’ora per un allenamentino di nuoto nella piscina in mare posta nell’ansa Tabarin, e via a una nuova giornata di escursioni.

In particolare, le tappe del mattino sono state dedicate ai siti storici e naturali della città di Le Moule, mentre quelle del pomeriggio e della serata, rispettivamente, ai paesaggi costieri di Anse Bertrande, ed ai fantastici tramonti che si godono dalla spiaggia Du Souffleur.

Il passaggio nella graziosa cittadina di Le Moule è stato molto breve, anche perché questo centro, di poco oltre 22mila abitanti, in passato importante porto per il commercio dello zucchero, non offre particolari attrazioni turistiche, anche se gode di una storia importante nella produzione del rum, tanto da ospitare la famosa distilleria di Damoiseau, attiva e aperta quotidianamente al pubblico, non solo per la vendita dei suoi prodotti, ma anche per far conoscere ai tanti turisti che la visitano i vari processi produttivi.

Prima di continuare con il mio racconto, in merito alle distillerie presenti alla Guadalupa credo sia opportuno aprire una doverosa parentesi, in quanto queste fabbriche, oltre a rappresentare un eccellente patrimonio storico, hanno un rilevante valore culturale e turistico, che ho finalizzato con uno studio “ad hoc” denominato la “Via del Rum”. Studio che mi ha permesso, in questi viaggio, di passarle in rassegna una per una.

La storia della Guadalupa, infatti, è strettamente legata alla coltivazione della canna da zucchero, pianta importata nei Caraibi oltre tre secoli fa, quando i francesi, nel 1635, colonizzarono l’arcipelago.

La canna da zucchero è originaria dell’Asia, scoperta dagli europei nel Medioevo grazie ai floridi scambi commerciali che quest’ultimi avevano con il mondo arabo, dopo che quest’ultimi s’insediarono nel bacino del Mediterraneo.

Con la scoperta delle Americhe, questa pianta, particolarmente idonea ai climi caldi, fu esportata nel nuovo continente dando vita a numerosissime coltivazioni.

La storia racconta che il primo rum fu prodotto nel 1664 da Padre Labat. Inizialmente venne ritenuto un alcol di scarsa qualità, consumato soltanto da pirati e contrabbandieri, e distribuito come extra guadagno agli schiavi; secoli dopo, invece, con il miglioramento delle modalità di produzione e la costituzione di numerose distillerie, venne utilizzato per sostenere il morale delle truppe impegnate nel primo conflitto mondiale.

Tra il XVIII e il XIX secolo le piantagioni di canna da zucchero s’intensificarono, creando una vera e propria industria dello zucchero, incrementandone, al contempo, l’esportazione verso l’Europa.

Questa crescente domanda verso il vecchio continente richiese però un aumento della mano d’opera, favorendo per almeno due secoli il fenomeno della tratta degli schiavi africani, la cui fine venne finalmente sancita da Victor Schoelcher, con il decreto del 27 aprile del 1848.

Per gli oltre due secoli di schiavitù, l’intero arcipelago caraibico, attualmente territorio d’Oltremare francese, è custode di siti di particolare interesse storico che fanno della Guadalupa un’eccellenza attrazione turistica.

Alla Guadalupa, la maggior parte delle coltivazioni di canna da zucchero si trovano nelle pianure di Basse-Terre e nel nord di Grande-Terre e sull’isola di Marie-Galante, per un totale di dieci distillerie di rum, tutte a conduzione familiare e aperte ai visitatori con tour “ad hoc”, durante i quali vengono mostrate le coltivazioni, gli impianti e rese note le fasi e le modalità della produzione di questa rinomata bevanda alcolica.

Sette sono le distillerie distribuite sulle isole di Basse-Terre e Grande-Terre che avrò comunque modo di documentare con questo mio viaggio:

Bologna a Basse-Terre (Basse-Terre);

Montebello a Petit-Bourg (Basse-Terre);

Longueteau a Capesterre-Belle Eau (Basse-Terre);

Domaine de Séverin, Bonne Mère e Reimonenq a Sainte-Rose (Basse-Terre);

Damoiseau a Le Moule (Grande-Terre).

Tre le distillerie presenti a Marie-Galante:

Bellevue a Capesterre;

Bielle a Grand-Bourg;

Poisson-Père Labat a Saint-Louis.

 

​E dopo questa doveroso approfondimento, torniamo al mio racconto di viaggio che mi vede far tappa nella piazza centrale di Le Moule.

Tra i monumenti più rappresentativi della città c’è la chiesa Saint-Jean-Baptiste ‒ classificata monumento storico ‒, l’immancabile busto in bronzo di Louis Dèlgres, il museo Edgar Clerc custode di resti risalenti agli indiani d’America e il pittoresco palazzo del Comune dalle originali tinte verde acqua e giallo.

Dopo aver minuziosamente immortalato i citati siti, mi sono concesso una brevissima sosta per degustare il famoso sorbetto al cocco, una specialità del litorale della Guadalupa e della Martinica preparata in maniera artigianale secondo una ricetta antica, i cui ingredienti, a detta del venditore, sono il latte di cocco, latte concentrato dolce, la vaniglia, scorze di limone verde, alcune gocce di mandorle amare, cannella e noce moscata grattugiata.

Pienamente soddisfatto per questa originale degustazione, mi sono spostato sulla graziosa baia di Anse à l’Eau, posta tra il Comune di Saint-François e quello di Le Moule.

Percorrendo la N5, con non poche difficoltà dovute al gran traffico, sono giunto a l’Anse à l’Eau, un’oasi di pace riparata da una serie di isolotti, ideale per il bagno, il relax e le immersioni subacquee nel vicino sito di “La cuve aux eaux limpides”.

La mia sosta di alcuni minuti finalizzati ad ammirare le sue bellezze naturali è stata ripagata da una visione panoramica molto suggestiva.

L’insenatura lunga alcune centinaia di metri ospita una spiaggia sabbiosa coperta in molti tratti dalla tipica alga locale, il sargasso, ed un mare azzurro, tipico di questi posti, con ai lati delle lussureggianti collinette poste su pianori rocciosi erosi dal mare.

Il tutto è stato molto caratteristico, ma visto che il tempo a disposizione era limitato ho ripreso il cammino in direzione Le Moule per andare a visitare la famosissima casa Zévallos.

Appena dieci minuti di strada per raggiungere questo importate sito, classificato, nel 1990, d’interesse storico.

L’abitazione Zévallos, una tipica struttura in stile coloniale, è una replica di quella che ospita il museo Saint-John Perse a Pointe-à-Pitre.

Progettata nelle officine di Gustave Eiffel, venne costruita tra il 1868 e il 1871 e adibita a zuccherificio.

Al fine di rivalorizzarla, nel 1999 fu acquistata dal signor Débibakas Rosan, appaltatore dei lavori pubblici ed ex proprietario della distilleria Delisle.

Nel 2010, René Débibakas donò questa proprietà di 2,5 ettari ai suoi due figli, Patrick ed Éric, i quali, al fine di promuoverla alla popolazione locale e ai tanti turisti che visitavano l’isola, avviarono un progetto di ristrutturazione destinato a riportarla al suo antico splendore.

Oggi, le visite alla casa e al giardino sono gestiste dell’associazione Les Amis de la maison de Zévallos.

Ben ristorato, le spiagge e la storia mi aspettavano, e allora via lungo la N5 per raggiungere la spiaggia di Autre Bourd.

Il decantato lido non ha tradito le aspettative.

La spiaggia si estende per molte centinaia di metri e, grazie alla sua barriera corallina e alle tipiche palme di cocco presenti sul bianco arenile, è un luogo tipicamente tropicale ideale per nuotare e praticare sport acquatici.

Chiaramente ne ho approfittato.

Ho preso posto accanto a una palmetta e via in acqua per un refrigerante bagno.

Dopo aver curato anche l’aspetto tecnico, non mi è rimasto altro da fare che distendermi affaticato sull’asciugamano per recuperare le energie perse.

Da quel momento mi è sembrato di vivere un sogno, dove i colori dell’ambiente circostante, come per magia, si fondevano con il calore di un sole che scaldava non solo il mio corpo, ma anche la mia mente, sempre più appagata per aver scelto la Guadalupa come posto paradisiaco da visitare e raccontare.

Ripresomi dall’estasi, strada facendo, mi sono portato alla distilleria Damoiseau, fondata alla fine del diciannovesimo secolo dal signor Rimbaud, originario della Martinica.

La storia racconta che per effetto dei pesanti debiti contratti dal signor Rimbaud, nel 1942 la tenuta fu rilevata da Roger Damoiseau Sr.

Da quel momento l’azienda crebbe notevolmente grazie, inizialmente, alla produzione di dolci e marmellate, successivamente a quella del rum.

La distilleria è collocata all’interno di una grande tenuta circondata dalle piantagioni della canna da zucchero, una segnaletica che invita a scoprire il vecchio mulino, i resti dei macchinari utilizzati nella lavorazione dello zucchero e infine la fabbrica che produce il rum.

Insomma, un vero museo a cielo aperto con tanto di punto ristoro, boutique per l’acquisto e la degustazione dei suoi prodotti ben pubblicizzati con enormi botti variopinte.

Bella esperienza che ho opportunamente documentato con foto e video.

Nel frattempo, si erano fatte le undici e mezza e ancora c’era molto da scoprire.

La storia della Guadalupa, quella caratterizzata da deportazioni e schiavitù mi attendeva, dando un senso a un altro studio approfondito mesi prima della partenza di questo viaggio, quello condotto sulla “Slave Route”.

Le immagini a suo tempo viste sulle pagine dei vari siti web e su alcuni filmati finalmente hanno preso corpo, e l’emozione nell’ammirare dal vivo quelle importanti testimonianze storiche non ha avuto prezzo.

Ho quindi lasciato gli splendi lidi di Le Moule, e via per l’abitazione Néron.

Situata a pochi chilometri dalla spiaggia precedentemente visitata, l’abitazione Néron, un tempo destinata alla produzione dello zucchero greggio, fu creata nel 1740 da Pierre Néron Beauclair su una proprietà di 160 ettari.

Successivamente venne denominata in “Hussey”, dando lavoro a più di cento schiavi.

La casa, requisita durante la Rivoluzione francese, continuò la sua attività, impiegando più di 140 agricoltori, ma il violento terremoto del 1843 distrusse gran parte degli impianti, riducendo drasticamente la produzione.

La crisi dello zucchero maturata tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo portò l’attività originale a un repentino declino tanto da trasformare l’impianto in una distilleria per la produzione del rum Néron.

Oggi si possono ancora ammirare i resti dei macchinari di questa distilleria che ha funzionato fino al 1965, e i resti dell’ottocentesco mulino in pietra.

Sulla proprietà rimangono ancora molti resti delle attrezzature utilizzate per la lavorazione dello zucchero, ruderi e casette in legno in stile caraibico di recente costruzione, probabilmente utilizzate per scopi didattici e turistici ottimamente salvaguardate da un pitbull che mi ha fatto praticamente cagare sotto.

Appagato da queste suggestive testimonianze, il programma, molto serrato, mi ha condotto su un altro sito storico sempre legato alla “Slave Route”, ovvero il cimitero di Santa Margherita situato a nord di Le Moule sulle sponde dell’oceano Atlantico.

Il cimitero di Sainte-Marguerite sembrerebbe essere stata una struttura attiva dal Settecento fino all’Ottocento, forse anche qualche anno dopo l’abolizione della schiavitù come per altro testimoniato dal ritrovamento di una medaglia datata 1852.

I lavori di un gruppo di archeologi guidati da Patrice Courtaud, articolato su cinque campagne di scavo di sei settimane tra il 1997 e il 2002, hanno portato alla luce i resti di 272 individui.

 La principale conclusione di questo studio è che il cimitero di Sainte-Marguerite, ad oggi, è il secondo più grande cimitero di schiavi rinvenuto in tutte le Americhe dopo quello di New York.

Gli archeologi suppongono, altresì, che questo gran numero di tombe dessero sepoltura sia agli schiavi residenti del comune di Le Moule che a quelli di Petit-Canal.

La disposizione dei corpi e degli oggetti che sono stati rinvenuti dimostra che il rito funebre celebrato nel periodo ottocentesco fu di religione cristiana, mentre lo studio biologico sugli scheletri ha mostrato che quasi l’intera popolazione fu colpita dalla tubercolosi e da traumi ossei, a testimonianza delle cattive condizioni di salute e delle dure condizioni di lavoro a cui gli schiavi venivano sottoposti.

Protetto da un costone di roccia, il luogo commemorativo è stato collocato all’interno di una sua rientranza con al centro un grande cartello che commemora i tanti schiavi morti nel periodo delle deportazioni.

La visita al cimitero ‒ per altro ben documentata sul posto attraverso adeguata cartellonistica che ho immortalato con alcuni scatti fotografici ‒ come da aspettativa si è dimostrata molto interessante al punto che, il dilungarmi su questo luogo, mi ha fatto venire seri dubbi sulla reale possibilità di riuscire a visitare i siti programmati nell’arco del pomeriggio.

Erano già le13:00 e la fame si è fatta sentire.

Il dubbio: rimanere ancora sulla spiaggia di Santa Margherita per altri venti o trenta minuti e consumare comodamente il pasto, oppure proseguire nel tour mangiando in auto?

Non ci ho pensato due volte, ho optato per quest’ultima possibilità. 

Il programma, infatti, prevedeva di raggiungere il comune di Anse Bertrand, area comunale a cavallo tra la costa est e ovest di Grande-Terre, ricco di bellezze naturali meritevoli d’essere tutte visitate, come le affascinanti scogliere a picco sul mare di Pointe de la Grande Vigie, gli scenari naturali di Porte d’Enfer e del Trou Du Souffleur, le splendide spiagge di Anse Laborde, la Chapelle e Du Souffleur, il sito storico Mahaudière, e infine, la piccola città di Anse Bertrand.

Risalendo la D120, la prima tappa è stata la storica piantagione di Mahaudière che raggiungo in appena quindici minuti.

Questo apprezzamento terriero fu di proprietà di Jean-Baptiste Douillard Mahaudière, e nel 1732 era dedito alla coltivazione del cotone.

Nel corso degli anni, la proprietà decise di trasformare l’azienda da produttrice di cotone a quella di zucchero, tanto che nel 1828, dopo averne acquisito circa 465 ettari di terreno, ampliò la manodopera assumendo ben 147 schiavi. 

Negli anni successivi all'abolizione della schiavitù, la piantagione Mahaudière ridusse progressivamente la produzione di zucchero al punto che alla fine del XIX secolo si trasformò in una grande distilleria a vapore.

Tale attività si protrasse sino agli anni ’50, per poi chiudere definitivamente.

I resti della piantagione, attualmente limitati a una struttura a forma di gambo di fungo, risultano ben conservati; oggi è una cappella sul cui ingresso è presente un cancello con ai lati posizionate le statue della Madonna e di Gesù.

All’interno, invece, è presente un crocifisso, una statuina della Madonna e ai suoi lati quella di San Francesco da Padova ‒ che regge un bambino ‒ e quella di Gesù.

L’area circostante ospita diversi ruderi, quale ulteriore testimonianza del glorioso passato dell’isola nella coltivazione della canna da zucchero e dello zucchero.

Senza perdere ulteriore tempo, e soprattutto soddisfatto anche di questa esperienza, ho ripreso l’auto e percorrendo la D120 ho raggiunto il primo importante sito naturalistico di Anse Bertrand, il suggestivo Porte d’Enfer.

Contrariamente al suo nome, Porte d’Enfer, ossia porta dell’inferno, è molto simile a un piccolo fiordo alla cui riva si concentra un’alta percentuale di sargasso, tale da rendere l’acqua del mare di un marrone scuro.

Dalla battigia parte un sentiero che accede al Trou de Madame Coco, una grotta sotterranea naturale scavata nella scogliera dove, secondo la leggenda, fu imprigionata la strega Madame Coco per non aver rispettato con il diavolo il patto con il quale sarebbe dovuta diventare più forte della sua rivale Madame Grands-Fonds.

In quest’area è altresì interessante ammirare il Trou Du Souffleur, un geyser marittimo dalle cui cavità rocciose vibrano verso l’altro assordanti nebulizzi d’acqua.

Come prevedibile, entrambi i siti erano abbastanza frequentati da turisti e qualche locale. Il percorso di circa otto chilometri, denominato Trace des Douaniers, ben segnalato da apposita cartellonistica, indica perfettamente la direzione da seguire per raggiungere sia la grotta del Trou Madame Coco che il Trou Du Souffleur.

Considerato il tempo a disposizione mi sono limitato a raggiungere soltanto il primo sito con una passeggiata che ha richiesto circa trenta minuti.

Lo spettacolo del fiordo con le sue alte pareti e la forza del mare azzurro che su di esse s’infrangevano è stato uno spettacolo a dir poco mozzafiato.

Un sito che ha ripagato la stanchezza sino a quel momento accumulata!

Soddisfatto, mi sono portato al parcheggio per raggiungere la punta nord di Grande-Terre, ovvero Pointe de la Grande Vigie.

Pointe de la Grande Vigie, grazie ai suoi osservatori disposti sulle alte scogliere calcari, consente di ammirare, a destra, l’oceano Atlantico, a sinistra il mar dei Caraibi, e in lontananza, le sagome delle isole de la Désirade, di Antigua e Montserrat.

Anche su questo sito la sosta è stata d’obbligo.

L’area, raggiungibile attraverso un sentierino, offre molti punti d’osservazione.

Da questo luogo è possibile ammirare il perimetro della costa nord di Grande-Terre, fatto di alte scogliere coperte da una fitta vegetazione verde.

Anche in questo caso il rito della foto e della videoripresa l’ho celebrato con lo scrupolo che il luogo richiede.

Il tempo a disposizione diventava sempre più tiranno tanto da lasciare il posto e raggiungere il versante ovest di Anse-Bertrand, per visitare la spiaggia de la Chapelle.

La spiaggia della Chapelle, meglio conosciuta dal popolo dei surfisti per le sue onde che si allungano nel bacino d’acqua di color turchese, offre un colpo d’occhio eccezionale, tipico delle spiagge tropicali, grazie, anche in questo caso, alla presenza della barriera corallina e di un arenile bianchissimo coperto da palme.

Poiché il tempo era limitato, alla spiaggia della Chapelle ho dedicato solo pochi minuti, anche se la presenza sul posto di due tipici ristorantini, il “Zion Train” e il “Ti Madras” mi hanno invogliato a trattenermi per uno spuntino.

Ma la smania di chiudere la giornata con la visita della città di Anse Bertrand e della spiaggia Du Souffleur al tramonto, hanno dato un’accelerata al successivo trasferimento.

Anse Bertrand, cittadina di poco più 10mila abitanti[VM2] , probabilmente meglio conosciuta come la città che ha dato i natali al calciatore, campione del mondo 1998, Lilian Thuram, ospita il porto peschereccio di Ravine Sable, il mulino Beaufond e una piazza del municipio realizzata il secolo scorso dal famoso architetto locale Ali Tur.

Il giro in auto nel centro di Anse Bertrand è stato molto breve, giusto per testimoniarne il passaggio, quindi sono rientrato al residence, facendo però prima tappa alla spiaggia Du Souffleur per godermi il rinomato tramonto.

Appena dieci minuti di strada lungo la litoranea che costeggia Anse de la petit Anse e Anse Fontaine, ed ecco raggiungere la spiaggia molto affollata.

Il sole stava piano piano scendendo dietro gli altri rilievi di Basse-Terre e lo spettacolo all’orizzonte è stato molto romantico, tanto che coppie giovani e meno giovani catturavano il loro esclusivo momento d’amore a colpi di self.

Qualche minuto ancora e il buio è calato tutto insieme.

A quel punto non mi è restato altro che rientrare a Gosier per organizzare la cena e il tour del giorno seguente, che mi avrebbe visto tornare in quella zona, per visitare altri centri importati, come Port Louis, Petit Canal e Morne-à-l’Eau. 

Ma non anticipo niente, anche perché il tour e tra i più interessanti dell’intero viaggio.

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